Il 2020 sarà ricordato tra le altre cose come l’anno della pandemia, del Covid-19. Un anno finora non molto fortunato, ma certamente la diffusione del virus dalla Cina al resto del mondo, rimarrà nel nostro immaginario per molti anni ancora, come l’evento ad oggi più drammatico. Non è certo ancora come si sia sviluppato. Nè come si trasmetta. Non sono conosciute tutte le sue mutazioni, non è per niente chiaro, ancora, come debellarlo. Così, nell’attesa di un vaccino che tarda ad arrivare, le misure di precauzione si moltiplicano. Le teorie sulla sua origine ed i suoi “untori” fanno il giro del mondo, e come in un passaparola, cambiano continuamente nella forma e nella sostanza. Il virus, ad oltre sei mesi dalla sua comparsa, non solo non ha smesso di circolare, ma dopo aver completato la sua parabola in alcuni Paesi come il nostro, è invece nel pieno della sua corsa in altri grandi Paesi. Al momento non si riesce a capire nè la logica del suo percorso, nè la prospettiva di un suo ridimensionamento e di un probabile ritorno ad una pseudo-normalità. Tutto questo non fa che aumentare il nostro senso di incertezza per il futuro.

La fase 1, il picco.

Purtroppo, seppure il virus avesse un basso tasso di mortalità, la sua trasmissibilità risultava invece assai elevata e piuttosto imprevedibile nelle sue forme. Man mano che i giorni passavano, l’epidemia, poi diventata pandemia, cresceva. Aumentavano contagi e vittime, la situazione raggiungeva in certe zone picchi da collasso, mentre in altre sembrava ancora non manifestarsi affatto. In vita mia non mi era mai capitata una situazione simile. L’Italia poi, insieme alla Cina, è sembrata inizialmente il Paese più colpito, mentre il mondo ci guardava esterrefatto, senza capire la logica dei contagi, tra due Paesi così lontani. Mentre tutto intorno i segnali erano quasi impercettibili. I più colpiti inizialmente sono state le persone anziane, o già affette da altre patologie. Abbiamo visto, come in un film di guerra, camion militari portare via le salme, senza nemmeno un funerale o il conforto dei propri cari. Reparti intensivi non attrezzati per simili picchi di ricoveri, ritrovarsi con cadaveri avvolti in lugubri sacchi neri e adagiati nei posti più impensabili, in mancanza di letti disponibili. Personale sanitario che, stoicamente, sfidando l’emergenza con spirito di abnegazione, si sottoponeva a ritmi incredibili di lavoro. Altri richiamati in servizio dalla pensione, da altre regioni e da altri Paesi, per dare il proprio contributo ai colleghi ad assistere i pazienti. Eravamo tutti in trepidante attesa che le prime misure di prevenzione cominciassero a dare i segnali di un contenimento allo straripare dei contagi. Eravamo in attesa di entrare nella fase 2, quella della parziale riapertura e della fine del lockdown totale.

Il patriottismo italico.

Così, mentre da noi si chiudevano città e regioni, il resto del mondo continuava la vita normalmente. Le nostre strutture sanitarie erano al collasso, per l’alto ed improvviso numero di ricoverati in terapia intensiva, non pronte ad un’emergenza che non si riusciva a tamponare, . Da noi cominciava la sindrome da lockdown, con famiglie costrette in casa, la cui unica valvola di sfogo era uscire a cantare e ballare sui balconi. L’emergenza ci riavvicinava , come Nazione e come popolo: lo spirito patriottico ci pervadeva, spingendo molti ad esporre bandiere e cantare l’inno nazionale all’unisono. Il Mondo ci guardava con un misto di carità, pietà, ammirazione e le manifestazioni di solidarietà cominciavano a moltiplicarsi. Non tutti si stavano rendendo conto che era solo l’inizio di una lunga e dolorosa saga.

La riscoperta di antichi valori

La situazione paradossale, è che se da un lato tutto improvvisamente si fermava, come in un time-lapse, all’interno delle nostre abitazioni si iniziava a riscoprire un modo di vivere le relazioni e il tempo che ci eravamo dimenticati, presi dalla routine quotidiana. Obbligati dalla necessità, si cominciava a ripensare il tempo libero (ora ce n’era davvero tanto); riorganizzando la casa, dedicandosi a cose che per troppo tempo avevamo tralasciato, trovando nel mondo virtuale del web un partner inaspettato. La fantasia ai miei compatrioti non manca di certo, e sulla rete hanno cominciato a comparire esempi talvolta geniali ma spesso comici di situazioni paradossali e difficilmente immaginabili fino a poco tempo prima. Gare culinarie di cucina casareccia, tutorial delle materie più impensate, cronache domestiche in veste di tg quotidiano, esibizioni canore e strumentali dai balconi, dalle terrazze e dai salotti di casa. Ognuno a proprio modo cercava di trarre vantaggio o quantomeno di ingannare il tempo rendendo la clausura meno gravosa. Nel frattempo, se un lato positivo c’è stato in tutta questa storia., è stato il ritorno della natura ai suoi spazi ed ai suoi ritmi. Diminuzione dell’inquinamento dovuta al blocco del traffico ed alla chiusura delle attività, animali che si riavvicinavano senza paura dell’uomo nelle strade e nelle periferie delle città.

La fase 2

Dopo circa tre mesi, si è finalmente cominciata a vedere un’inversione di tendenza. Il Paese ormai era stremato, l’economia in ginocchio, così come moltissime famiglie. L’epidemia era diventata nel frattempo una pandemia, altri Paesi erano stati colpiti dal contagio, seppure non tutti ancora concordi sulle strategie da adottare. Non tutti concordi che la chiusura, il distanziamento sociale, i dispositivi di protezione individuale, fossero il metodo più efficace per contrastare il virus. Addirittura c’era stato chi aveva vagheggiato l’ipotesi di un contagio di massa, l’immunità di gregge, come è stata soprannominata. Per facilitare lo sviluppo di anticorpi nella popolazione, seppure al prezzo di sacrificarne una parte, la più sensibile al virus. Strategia che si sarebbe rivelata poi, tristemente inefficace. Così mentre da noi si procedeva ad una timida ripresa di alcune attività essenziali, in altri Paesi la pandemia esplodeva in tutta la sua dirompente imprevedibilità.

Il mio lockdown.

Il mio lockdown, dovuto al Covid-19, si è rivelato, come per quasi tutti, una vero fulmine a ciel sereno. Sono passato da un giorno all’altro, da un ritmo frenetico di impegni quotidiani, ad un irreale tempo di calma piatta. Una “vacanza” inaspettata, che mi ha spiazzato, facendomi prima gioire per il tempo libero recuperato, ma subito dopo mi ha pervaso una sorta di ansia per la salute mia e dei miei cari, ed una crescente preoccupazione per il futuro. Ma dato che, per mia indole, sono un iperattivo (o multipotenziale fate voi…) non amo oziare e soprattutto non sarei tranquillo a farlo, nel momento in cui devo preoccuparmi di reinventarmi un futuro per sopravvivere. Il mio settore professionale, il turismo, è stato uno dei più severamente colpiti, e le prospettive non erano (e non lo sono a tutt’oggi) nè rosee per l’immediato nè prevedibili per il futuro. Così non avendo molte altre alternative, mi sono tuffato nell’autoapprendimento, che da sempre mi accompagna nella mia vita. Oggi grazie ad Internet, puoi imparare qualsiasi cosa, sempre che tu lo voglia. E così ne ho approfittato per approfondire alcune mie competenze, soprattutto in ambito digitale, visto che è il settore di cui mi occupo da circa vent’anni. Ho seguito molti corsi, conseguito una certificazione ed imbastito le basi per alcuni progetti, sperando che almeno uno di essi diventi una solida realtà nell’immediato futuro. Questo blog è una piccola parte di uno di essi, il marketing digitale, finalizzato allo smart working, cioè la possibilità di creare un’attività con il lavoro da remoto. Ma non è l’unico. Ve ne parlerò in un prossimo articolo, perchè sono quasi le 2 di notte, ed è giusto che faccia riposare un pò le mie stanche membra. Buona notte !

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