batteria stampa 3d

Benvenuti a questo primo capitolo della introduzione alla modellazione e stampa 3d. Quello che fino a pochi anni fa sembrava un traguardo impossibile, non solo si è concretizzato ma nel giro di pochissimi anni sono stati compiuti impensabili passi in avanti. Parliamo della stampa 3d, ovvero della creazione di oggetti fisici tramite un procedimento di stampa realizzato ormai con dispositivi davvero alla portata di tutti. Malgrado il settore sia partito ormai da diversi anni, non è ancora esploso nella sua interezza, almeno a livello consumer. Il settore industriale, al contrario, ha già recepito l’importanza della nuova tecnologia, che per certi versi possiamo senz’altro definire rivoluzionaria, e molte catene di montaggio e processi di produzione sono già cambiati e lo saranno per i decenni a venire. Di pari passo con l’evoluzione della tecnologia stessa, ancora con molte prospettive di crescita.

Le tecnologie di stampa 3d

Iniziamo col dire che esistono diverse tecnologie di stampa 3d, e diverse sono le macchine che le realizzano. Così come per la stampa tradizionale pensiamo alla stampa a nastri, a cartucce o laser, allo stesso modo qui abbiamo stampa additiva e sottrattiva, a filamento, a resina, tramite laser ed altre ancora. Ci occuperemo inizialmente della più semplice, quella a deposito di filamento (FDM, Fused Deposit Modeling) che fa capo alla metodologia additiva. Il concetto esemplificato è che la creazione di oggetti stampati in FDM si realizza tramite l’estrusione a caldo di un filamento in strati successivi, che solidificano appena fuoriusciti dalla stampante. Pensiamo, per esempio,alla pistola di colla a caldo, o a quella usata in pasticceria per riempire i dolci di crema o cioccolata, per capire il principio. Chiaramente la stampante elabora un file disegnato con un programma tipo CAD, cioè un software di progettazione in 3d. Questo riproduce un oggetto nelle 3 dimensioni, quindi sugli assi x,y e z, anziché il classico disegno bidimensionale in piano sugli assi x e y.

Come funziona una stampante 3d

Le stampanti FDM generalmente hanno un estrusore (pensiamo alla testina di stampa da cui fuoriesce l’inchiostro) ed un piano riscaldato che si muovono sulle tre direzioni. Generalmente il piano su una delle tre, in genere l’asse y longitudinale, mentre l’estrusore lungo gli assi z e x, quindi in altezza e trasversalmente. I tempi di stampa sono ancora abbastanza lunghi, almeno finché non ci spostiamo su macchine professionali o addirittura industriali. In realtà dovremmo valutare il fenomeno nella sua interezza, valutando i pro e i contro di questa straordinaria tecnologia. Solo fino a pochi anni fa chiunque avesse detto di poter “stampare” un oggetto fisico a casa, creare un oggetto getto solido da un file, sarebbe stato preso per un visionario, nella migliore delle ipotesi. Ancora oggi molti non sono consapevoli di questa realtà, e fanno fatica a razionalizzare. Se poi realizziamo che la nostra fonte di ispirazione per “stampare” possa essere un qualsiasi file prelevato da internet, ed opportunamente elaborato e reso leggibile da una stampante 3d, si capisce la portata del fenomeno. Possiamo riprodurre qualsiasi cosa in 3d, addirittura noi stessi, tramite una foto o, meglio, attraverso la fotogrammetria, cioè una serie di decine di scatti in sequenza al nostro viso o al nostro corpo.

Cosa legge la stampante 3d

Semmai aprirete un file .gcode, cioè il tipo di file letto da una stampante 3d, quello che vedrete è una serie di coordinate. L’estrusore della stampante, che lavora a temperature comprese tra i 160 e i 220°C circa, a seconda del materiale utilizzato, deposita infatti il filamento in una serie di punti nello spazio tridimensionale, individuati da coordinate. Ovviamente si parte dal piano di stampa, creando dei livelli o layers che fanno da base, proprio come quando si fa un muro. Gli strati successivi a salire poggiano su quelli inferiori, creando pian piano la struttura del pezzo. Immaginate di affettare orizzontalmente un oggetto, una tazza, un vaso, creando delle figure a due dimensioni sovrapposte. Ognuna di esse possiede un suo spessore che può essere di 1,2,3,4 o più millimetri, e che rappresenta la terza dimensione. Se spremiamo un tubetto di dentifricio su tavolo, avremo uno scarabocchio in 2 dimensioni, ma con un suo spessore, l’asse z appunto, rappresentato dal diametro del “filo” di pasta spremuto. Se sovrapponiamo più strisce di pasta dentifricia, cominceremo a costruire la nostra figura tridimensionale. La differenza nella stampa 3d, è che il filamento estruso a caldo, indurisce quasi subito dopo l’estrusione, andando a formare una base solida che, a differenza del dentifricio che rimane molle, riuscirà a reggere il peso degli strati successivi. Questi, per grandi linee i concetti alla base della stampa 3d. Nei prossimi post entreremo nel dettaglio dei tipi di materiali stampabili, dei vantaggi, e dei problemi ancora da risolvere di questa nuova fantastica tecnologia.

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